Dicono di me

Bio and Statement

Nasce a Bologna e si innamora dell’arte a otto anni durante la visita in una pinacoteca. Da quel momento comincia a disegnare ogni giorno e si specializza nel ritratto, tanto che già a quindici anni esegue ritratti su commissione. Successivamente comincia a sperimentare sia la scultura che la pittura ad acrilico, infine si dedica alla pittura a olio, tecnica che più gli permette di rendere il realismo della forme e delle superfici.

Nel 2014 espone in occasione della mostra Incontri europei presso la sala museale del Baraccano a Bologna, alla quale seguono numerose esposizioni, tra le quali Incontri D’arte a Bologna nel 2017, dove espone tre opere e vince il premio speciale della Giuria del Premio De Marchi. Art Journal nel 2016 dedica una pagina al racconto della sua arte.

La ricerca artistica di Gianni Zanella inizia dalla raffigurazione di ritratti, paesaggi, nature morte, a chiaroscuro e a olio su tela, con uno stile ricco di realismo e una tecnica raffinata. Ne sono esempio i dipinti dedicati alle nature morte che si concentrano su pochissimi elementi essenziali in uno spazio monocromo, dove oggetti del quotidiano in primo piano paiono trasmettere il loro profumo, il calore, le diverse consistenze delle superfici. Vi traspare un senso di armonia nella solitudine, di rappresentazione di un momento di pausa, di pace.

L’artista approfondisce la sua interpretazione della rappresentazione del verosimile “che sembra vero ma non è la raffigurazione della realtà esteriore bensì della visione dell’artista”. Sviluppa così con un linguaggio originale per andare oltre la raffigurazione “ottica” delle immagini e coglierne gli aspetti simbolici, che le proiettano in uno spazio slegato dal tempo. Questa visione “oltre il vero” emerge in particolar modo nelle opere dedicate alle figure femminili caratterizzate da ampie forme del corpo, che non ostentano la loro presenza ma si mostrano con la naturalezza di un ritratto.

Le donne, che sembrano prendere spunto dalla tradizione artistica del nudo delle Veneri del Cinquecento, non nascono per raffigurare i canoni della bellezza ideale ma la bellezza dell’accettazione completa di se stesse, simbolo dell’interezza. Spesso sono dipinte nel momento di un sonno sereno, ad occhi chiusi, dove il letto diviene un piedistallo coperto da un ampio drappo oppure un semplice cuscino, sospesi in uno spazio irreale, in cui appaiono elementi simbolici di volta in volta diversi che richiamano altrettante allegorie delle figure femminili, come la mela o l’aspide. Queste opere lambiscono una visione surrealista senza perdere mai la forza della rappresentazione realistica dei corpi nei volumi, negli incarnati, nei dettagli.

L’unione tra realtà e irrealtà rende uniche le composizioni di Gianni Zanella, grazie a un’intensa comunicazione e ad una poetica di “armonica solitudine”, che fanno riflettere l’osservatore sulla necessità di guardare oltre le immagini stereotipate per vedere la bellezza della pienezza del sé.

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Videointervista ad Area0uno: https://area0.uno/wp-content/uploads/Zanella_16_9.m4v?_=1


L'impalpabile verità nella pittura di Gianni Zanella


E' attraverso il setaccio naturale del tempo che si misura la durata delle immagini, di tutte le immagini, specialmente di quelle dipinte. Il resto è destinato a sparire.
Questa durata, che amplifica il portato della bellezza, quando è autentica oltrepassa la coltre spessa dell'ordinarietà.
Tutta la pittura, per scalfire la superficie opaca e indiscriminata del mondo, trova ragioni poetiche in questo "oltrepassamento" -per dirla con le parole del filosofo Heidegger-, caricandosi di una responsabilità con la quale il pittore tenta una sorta di riscatto, di superamento del limite.
Questo modo di interdere la pittura so essere caro anche a Gianni Zanella, il quale silenziosamente da molti anni sta tessendo attorno al perimetro vibrante della sua esistenza un immaginario in grado di raccontare, con sapienza e slancio espressivi, vizi e virtù, storie e visioni intime che mirano a sublimare il dettato dei suoi giorni.
A questo Gianni Zanella vi arriva con l'ostinazione e la perizia di un antico artigiano, consapevole della grande importanza nella storia che ricopre l'impegno del fare, dell'osservazione, della tecnica, senza tuttavia rimanerne schiavo.
Mi piace associare il metodo con cui Zanella conduce la sua ricerca pittorica a quello di un chirurgo che, con bisturi affilati e gesti misurati, seziona millimetralmente i modelli visivi che va via via scegliendo.
E' un liberare mondi, scandagliare verità interiori che portano talvolta questo pittore a fermarsi sui dettagli, anche i più minuti, per una necessità e una tensione che sanno ossigenare il pensiero e riportare centralità all'immagine.
In questo ragionamento Zanella tiene ben in considerazione anche la dimensione ipetrofica e iperproduttiva delle immagini che l'oggi ci offre con estrema facilità, mediante gli strumenti e i dispositivi digitali da cui costantemente la nostra vita è attraversata.
Siamo infatti, come ci ricorda Gillo Dorfles, già ben oltre l'età dell'immagine, della comunicazione televisiva, finanche dell'immagine concepita come prodotto di consumo che, dagli anni Sessanta ad oggi, ha preso il nome di Iconosfera.
Assistiamo pertanto ad una sempre più radicale e ramificata rivoluzione dei mezzi tecnologici, che trovano nell'espressione di internet il massimo potenziale produttivo, attraverso il quale il mercato sembra aver dettato e imposto le sue leggi.
Dipingere l'irripetibilità dell'immagine, pur abbeverandosi nella "Babele" di tutte le forme e i linguaggi presenti in questa nostra contemporaneità: è questo che Zanella ci dice, trovandosi nella condizione privilegiata di chi, per un fatto generazionale, è riusciuto ad inserirsi nel solco di una tradizione pittorica che ha visto ampiamente pacificare l'annosa questione tra copia e modello, fotografia e riproduzione, oltre ogni pedissequa imitazione.
In questi ultimi anni l'artista ha rappresentato ritratti di amici e di figure a lui sentimentalmente vicini, come a sostenere un discorso sottile e impalpabile fatto della stessa materia degli affetti.
All'interno di questo prezioso catalogo di forme non mancano immagini tratte da scatti fotografici che l'artista ha attentamente sceverato, per affinità e sensibilità, dalla rete o dalle riviste di settore: volti di clochards, nudi, ritratti di intellettuali, di papi o di musicisti, sono descritti in punta di pennello, dove una raffinata resa pittorica qualche volta ha lasciato spazio a pennellate più libere, più istintive, mescolando così più registri espressivi che ci rimandano a certe frasi sospese e misteriose presenti in molte opere non finite della storia dell'arte. Zanella in queste opere tenta di gettare, con la levità che lo contraddistingue, uno sguardo sulla società, sull'uomo, sublimando il patrimonio delle immagini da tutti noi condiviso.
Nall'arte di Gianni Zanella, infine, non va dimenticata la pratica del disegno, puntuale e perentoria, difesa strenuamente ogni giorno, in cui si esemplificano il metodo e la cura in maniera perspicua, per cercare di comprendere e di analizzare meglio ogni dettaglio, convinto di darci un approdo, un viatico di bellezza capace di farci resistere alla tempesta di informazioni nella quale ciascuno è calato.

Giovanni Blanco

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Un articolo di Margherita Calzoni "Art Journal"


Margherita Calzoni (Miniatura 3)





















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